Omote

24 Ott

A più di un anno dall’ultimo post, ci tenevo a dirvi che ho recentemente traslocato.

Dopo aver finanziato la piattaforma di blogging Ghost, ho deciso di spostare tutti i contenuti di questo blog su un altro server dove poterla provare. Ho chiamato il mio nuovo blog Omote, che è una parola giapponese per indicare ciò che sta di fronte, la faccia pubblica. L’altra faccia si chiama Ura e mi dispiace ma l’unica voce in merito è sulla wiki francese.

Ho deciso così di ritagliarmi un piccolo spazio web dove poter gestire la mia identità. Invece di aprire un blog per ogni interesse, ho scelto di avere un posto unico dove poter cianciare di tutte le cose profersonali che seguo: cose più o meno tecniche come quelle che ho pubblicato qui su ITMFL, cose da sviluppatore front-end, cose per appassionati di open source, cose da coderdojo, e poi chissà.

Anche per quanto riguarda il mondo fisico, dopo aver salutato gli amici di Comperio a Rovigo, ho avuto l’opportunità di lavorare per qualche mese a Milano con la startup TwoReads, per poi tornare a stare a Padova.

Ora faccio il freelance. Se avete bisogno di me fate un fischio.

omote

LIS italian blogs feed party with twitter spice

9 Ago

Dopo il decesso di Google Reader, non avevo più preso in mano il mio comodissimo feed rss con tutti i blog/siti italiani legati al mondo delle biblioteche.

Stasera, siccome avrei dovuto fare una valigia, ho pensato di prendere in mano il mitologico Yahoo Pipes (altro che quelle cose da hipster tipo IFTTT) e aggregare feed.

Oltre al widget qui a destra, trovate l’elenco dei siti e il feed direttamente su Yahoo Pipes.

Il desiderio di aggiornare il feed deriva anche dal fatto che volevo segnalare una promettente new entry di questa briosa blogosfera: http://inmediaref.wordpress.com/ che sul suo blog parla di biblioteche, social media, graphic design (applausi!)

Chi manca dal feed, ma devo assolutamente segnalare, è il fantasmagorico corso 23 cose da fare in biblioteca https://23cose.wikispaces.com/ attivo già da diversi mesi (ma qui chi è che mi dice le cose!?!?!) Purtroppo è un po’ un casino avere il feed del wikispace… Ah, trovate il feed dei blog che hanno partecipato alla pagina http://www.netvibes.com/23cose#Blog_23_cose

Comunque potete seguire 23cose su twitter. A proposito. Mi pare che nell’ultimo anno la presenza bibliotecaria su twitter sia abbastanza aumentata…. Ecco, allora replico la lista anche lì, che mi pare ci siano anche altre persone: https://twitter.com/gbonanome/lis-italian-twitter

Sulla base dei soli documenti presenti sul sito

23 Lug

Il campo 105 contiene i dati codificati per il genere del documento. Può contenere fino a 4 sottocampi di tipo a_105_4. Secondo le specifiche del protocollo, questi sono campi composti di 1 solo carattere.

 

<xsd:complexType name="c105">
<xsd:annotation>
<xsd:documentation>
105 – dati codificati per materiale a stampa monografie
</xsd:documentation>
</xsd:annotation>
<xsd:sequence>
<xsd:element name=”a_105_4″ type=”codiceUno” minOccurs=”0″ maxOccurs=”4″>
<xsd:annotation>
<xsd:documentation>codice genere</xsd:documentation>
</xsd:annotation>
</xsd:element>
</xsd:sequence>
</xsd:complexType>

http://www.iccu.sbn.it/opencms/opencms/documenti/2012/SBNMarcv115.xsd

 

La Tabella codici (vers. 9 – novembre 2011) elenca tra i codici GEPU, da utilizzare per quel sottocampo, diversi codici composti da 2 caratteri. Che in quel sottocampo ci finiscano i codici GEPU lo si può scoprire dal documento AKR-SPF-03-02 Il Protocollo SBN-MARC Controlli.pdf

La Guida alla catalogazione del materiale moderno di giugno 2012 elenca 22 codici di genere (pag. 17). I codici W e T, vengono indicati come nuovi, sebbene entrambi fossero già presenti tra i GEPU. Il W indica sempre la stessa cosa, il T cambia valore.

 

  • Se oggi l’Indice mi restituisce un record che contiene un valore non compreso tra quelli elencati nella guida di giugno 2012 (ad esempio il valore 1), come dovrebbe comportarsi il gestionale?
  • Come è possibile che tra i codici GEPU esistano codici di 2 cifre (es. AA, CA, FB, ..) se la specifica SBNMARC mi dice che il sottocampo a_105_4 è un CodiceUno (campo utilizzato per il controllo dei codici di un carattere)? L’Indice ha impedito l’inserimento di codici di genere da 2 caratteri o può capitare di ricevere un a_105_4 contenente 2 caratteri al suo interno, in barba alle specifiche?

Rilanciare SBN? Una settimana dopo

28 Giu

Non so esattamente da dove partire. Ho tanti pensieri che frullano per la testa e il tempo che passa non aiuta, anzi se ne sommano altri.

All’incontro di giovedì 20 giugno si è detto molto di SBN nelle intenzioni dei “padri fondatori” e del senso della parola “servizio”.

Quello di cui mi sono convinto è che per parlare di SBN bisogna essere chiari su cos’è adesso: una infrastruttura per la catalogazione partecipata, usata da circa la metà delle biblioteche italiane, che permette di condividere i dati del catalogo e indicare il materiale posseduto. Per realizzare questa infrastruttura sono state definite delle regole di catalogazione specifiche (sia chiaro, SBN non sono le REICAT) e dei protocolli di scambio dati tra i partecipanti.

Oltre all’infrastruttura per la catalogazione, SBN espone quasi tutti i suoi dati sul web tramite un OPAC (sono escluse solo alcune voci d’autorità: titoli, soggetti, marche, luoghi).

SBN ha implementato anche uno strumento per il prestito interbibliotecario, ma essendo usato da solo 442 biblioteche, dubito che oggi si possa identificare SBN anche in questo servizio.

Però non basta, per poter proseguire con un progetto di ridefinizione di SBN, credo sia necessario prendere in considerazione anche i seguenti punti:

  • SBN nasce dal desiderio di: realizzare qualcosa di innovativo e utile per la società; armonizzare la cooperazione tra le biblioteche permettendo la condivisione di risorse umane e documentarie; definire procedure standard a livello nazionale per la condivisione dei dati.
  • SBN si è evoluto in maniera non lineare. La sua storia, fin dalle origini, è costellata di ritardi nella realizzazione di quanto definito nelle varie fasi del progetto.
  • l’evoluzione di SBN è stata certamente culturale, obbligando i partecipanti a condividere le regole di catalogazione, ma considerando anche l’omonimo progetto del 2002, soprattutto tecnologica. Le redini di questa infrastruttura sono state mantenute per lo più da una sola azienda. In ogni caso, mi sembra di capire che l’evoluzione di SBN si debba a studi affidati spesso a risorse esterne all’ICCU o SBN stessa.
  • siamo tutti responsabili dell’attuale stato di SBN, ovvero nessuno è responsabile. Se c’è una cosa di cui sono convinto è che non abbia alcun senso stare qui a elogiare/recriminare il progetto. La dimensione pubblica del progetto permette a tutti (dirigenti, amministratori, enti, …) di mantenere saldamente la posizione nonostante la cattiva gestione. Addirittura, credo sia molto difficile compiere un’analisi della gestione di un progetto che non pubblicizza i suoi obiettivi programmatici. È andata bene? Chissà. È andata male? Chissà. L’OPAC fornisce un buon servizio? Mah. Com’è la qualità dei record presenti nel catalogo? Boh.

Parlando di SBN si dice che è un esempio unico nel suo genere nel mondo. Sembra proprio così. Si tratta di una infrastruttura di catalogazione partecipata dove tutte le biblioteche possono catalogare, a vari livelli. Ma quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questa scelta? Se siamo l’unico paese ad averla fatta potrebbe essere opportuno rifletterci sopra.

Mi sono risposto che uno dei problema deriva dalla storica frammentazione del sistema bibliotecario italiano. Probabilmente non si è stati in grado di definire una sola istituzione sufficientemente autorevole da produrre i record per tutti. L’architettura di SBN permette a tutti di partecipare definendo di volta in volta chi è più autorevole. Anche se sul sito dell’ICCU si dice che l’obiettivo di SBN è “superare la frammentazione delle strutture bibliotecarie, propria della storia politico-culturale dell’Italia“, la realtà è che SBN ha diviso nettamente tra “SBNnisti” e “non SBNnisti“, ovvero tra promotori e detrattori del progetto.

Anche la speranza di razionalizzazione delle risorse che ha portato al coinvolgimento delle Regioni fin dall’origine, nel tempo ha aumentato la sensazione di divario tra “chi è dentro” e “chi è fuori” dal progetto. A proposito di Regioni, una cosa difficile da spiegare, è come mai negli ultimi anni abbiano destinato risorse alla realizzazione di meta-motori di ricerca invece di usare le stesse per promuovere l’adesione a SBN (a maggior ragione dopo le “aperture” ai software del 2002).

Sembra che nessuno voglia ammetterlo, ma grazie ai formati standard di scambio dei dati bibliografici (es. UNIMARC) e al fatto che non è direttamente collegato all’Indice ma alimentato settimanalmente, l’OPAC SBN potrebbe già indicizzare e mostrare anche molti dei titoli posseduti dalle biblioteche non aderenti a SBN, fornendo veramente un servizio nazionale.

Uno dei problemi centrali in questo discorso è però l’opaco rapporto tra SBN-MARC e UNIMARC. Passare da uno all’altro e viceversa senza perdita di dati è impossibile (sorvolando sul fatto che fin’ora scoprire come farlo efficacemente è stato un lavoro di reverse engeneering demandato alle aziende). Faccio alcuni esempi:

  1. in SBN il codice di genere “R” indica il “materiale per ragazzi”, purtroppo lo stesso codice, in UNIMARC, indica invece le “review” (studi bibliografici su un soggetto/recensioni)
  2. i tipi di note a disposizione in SBN sono un numero molto ridotto rispetto a quelli a disposizione in UNIMARC
  3. alcuni campi dell’area 200 non sono ripetibili in SBN mentre in UNIMARC lo sono (205, 215). Nella stessa area in SBN non è possibile indicare la collezione (campo 225)

Il punto 3 evidenzia un altro problema sottostimato, ovvero come l’interfaccia di catalogazione abbia inciso profondamente su come è stato trattato/pensato il dato bibliografico. Immaginando un sistema dove l’input fornito dal catalogatore doveva essere fornito tramite un unico campo di testo, utilizzando la sintassi ISBD, non si è tenuto sufficientemente conto delle deviazioni dagli standard per lo scambio dei dati che questa scelta avrebbe comportato.

Al di là dei tagli ai fondi, sono profondamente d’accordo con chi sostiene che il problema principale per un rilancio di SBN è proprio nell’atteggiamento di chi dovrebbe gestirlo. Purtroppo, secondo me, ci sono una serie di cose che si potrebbero fare anche subito e, soprattutto, senza praticamente alcun costo:

  1. ICCU può pubblicare subito tutte le informazioni in suo possesso circa la conversione UNIMARC-SBNMARC (o le criticità). Sempre che queste informazioni non siano in possesso solo dell’azienda che gestisce l’OPAC.
  2. ICCU dovrebbe indicare esplicitamente quale licenza aperta applicare ai record contenuti in SBN e quindi far sottoscrivere questa licenza nelle convenzioni di adesione. Il senso che sta dietro la “liberazione” dei dati è permetterne a chiunque il riuso, in modi e forme indipendenti da SBN. Per dirne una, grazie alla “liberazione” dei dati dell’anagrafe delle biblioteche  italiane, si potrebbe fare una app che mostra la biblioteca più vicina. E questa utile app non dovrebbe necessariamente svilupparla l’ICCU. Tutto questo considerando anche che il  MIBAC ha già avviato l’apertura dei suoi dati.
  3. ICCU può già oggi indicare a chi ha affidato gli studi per l’esposizione in Linked Data dei record bibliografici. Così come suggerire il formato che verrà adottato. Moltissime realtà internazionali utilizzano meccanismi decisionali molto aperti per arrivare a standard il più possibile condivisi (es. W3C, NISO, Library of Congress). Quando nel 2002 venne presentato SBN-MARC alle ditte che avrebbero dovuto implementarlo, la maggior parte del lavoro era già stato fatto all’interno di gruppi di lavoro chiusi. La produzione di  documenti intermedi accessibili a tutti è, a mio avviso, anche meglio della creazione di ampi gruppi di lavoro.
  4. Seguendo i suggerimenti contenuti nella proposta AIB, è necessario che l’ICCU arrivi ad individuare 1 sola fonte autorevole nazionale in materia di record bibliografici e voci d’autorità
  5. Se la si ritiene una cosa sensata, si potrebbe fin d’ora cercare di creare un OPAC nazionale, integrando i dati di SBN e i dati dei cataloghi non SBN
  6. Gli organi di governo di SBN potrebbero incontrarsi il prima possibile per misurare le criticità del progetto e decidere quali obiettivi realizzare nel breve-medlio-lungo periodo. Ad es. non è obbligatorio proseguire con l’architettura Polo-Indice. Oppure perchè non immaginare che “aderire a SBN” significhi solo applicare le REICAT e fornire i propri dati bibliografici all’ICCU?

Qualcuno sosteneva che l’ottica di “servizio” di SBN dovrebbe essere ricondotta ai “servizi per l’utente”. Secondo me invece la prospettiva migliore per poter rilanciare SBN è intenderlo come “servizio” per tutte le biblioteche italiane. Immaginarlo come un pacchetto di strumenti e servizi coordinati da un Istituto Centrale e messi a disposizione di tutte le biblioteche, semplicemente in quanto tali.

Rilanciare SBN: live blogging da Roma

20 Giu

Giovedì 20 giugno 2013, si è tenuto a Roma, presso l’Istituto Goethe, l’incontro Rilanciare il Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN). Di seguito provo a tenere aggiornato chi non riesce a partecipare. Per maggiore completezza vi consiglio di seguire l’hashtag #nuovosbn su twitter. In fondo al post, alcune brevi riflessioni tecniche sull’esperienza del live-blog.

Ore 10.00

Appena arrivati

Ore 10.10

Intervento di Giovanna Merola, in ricordo di Michel Boisset e della storia di SBN. Vengono citati i “padri fondatori” di SBN, primi ideatori del progetto, il congresso di Taormina, gli ideali di cooperazione per la creazione di una nuova cultura bibliotecaria.

Ricordando le parole di Angela Vinay: “Nella nuova realtà la responsabilità del bibliotecario sarà quella di mettere a disposizione l’intero serbatoio di dati”.

Ore 10.30

Interviene Claudio Leombroni, dovrebbe parlare delle criticità di SBN, ma si dice un po’ imbarazzato, quindi andrà a braccio 🙂

“Dobbiamo ricominciare a discutere e a sognare”

Il ricordo di quando Vinay parlava di “servizio”, inteso come servizio per l’utente finale. Questo vorrebbe dire che il sistema dovrebbe costantemente rimettersi in discussione per rimodellarsi alle nuove esigenze.

All’epoca SBN non era immaginato tanto come un insieme di programmi informatici, ma come un insieme di servizi.

“Dobbiamo riprendere quello spirito di collaborazione istituzionale che ha caratterizzato SBN […] nazionale, in SBN, significa che tutti devono assumersi le proprie responsabilità. Gli organi di SBN devono riunirsi collegialmente e affrontare i problemi che stanno emergendo. Anche la questione economica”

Riprendere a sognare dipende però anche dalla capacità delle singole biblioteche di reinventarsi, di ricominciare a discutere.

Dobbiamo riprendere a discutere sapendo che tutti noi condividiamo un progetto che ha rappresentato un sogno realizzato in molte parti.

Ore 10.48

Interviene ora Mauro Guerrini che parla del catalogo. Inizia parlando dei meriti della cooperazione e condivisione delle notizie bibliografiche. Affronta anche i limiti iniziali del progetto, ovvero il suo essere ingabbiato nei limiti del software.

Parla anche del progetto di Evoluzione dell’Indice e dei vantaggi del nuovo protocollo: apertura dell’indice a sistemi non nativi tramite SBNMARC, apertura del catalogo.

Ora viene affrontato l’aspetto dei linked data e della loro importanza per l’evoluzione del catalogo. Vengono citate numerose esperienze fatte all’estero.

Ore 11.02

Interviene ora Rossella Caffo, ringraziando tutti per la vicinanza e ribadendo i concetti legati all’importanza della cooperazione.

Un po’ di numeri su SBN, statistiche ed esperienze.

L’ICCU fornisce un applicativo: SBN Web, gratuito.

L’ICCU ha avviato uno studio per l’adozione dei Linked Open Data e fa parte di EURIG, gruppo per l’adozione europea di RDA.

Si arriva a descrivere i costi di SBN per l’ICCU. Difficoltà di gestire un sistema, che ha costi fissi, avendo un bilancio che si compone durante l’anno.

Ore 11.20

Interviene Rossana Rummo, del ministero dei beni culturali, chiarisce che il servizio non è in discussione. SBN è garantito.

Però ribadisce come negli ultimi anni ci siano stati ingenti investimenti, ora bisogna ripartire avendo a mente che ci sono diverse risorse.

Ripensare ad una architettura istituzionale partecipata.

Ipotesti di creazione di un gruppo ristretto, più agile. Attualmente l’organizzazione che sta dietro al servizio è troppo rigida.

Ore 11.38

Inizia il dibattito pubblico. 5 minuti a testa!

Ore 11.40

Chiara Giunti, della BNCF.

Temi del catalogo, il thesauro, l’importanza dei linked data. “Pur nella ristrettezza di risorse si possono fare innovazioni”

La BNI è dentro a SBN Web, questo è un passo avanti notevole. “Portare avanti il lavoro

Ore 11.46

Simona Turbanti, serve un corpus catalografico affidabile: un impianto teorico solido (basato su principi internazionali); una struttura flessibile, un ricco apparato esemplificativo.

Ma forse non basta più, ora bisogna guardare anche all’estero.

“Catalogare non è semplicemente costruire un catalogo, ma significa fornire agli utenti un accesso che fornisca tempestivamente risposta alle loro esigenze.”

Ore 11.52

Ho ufficialmente perso il filo degli interventi 😦 Scusate. Sono appena fuori dalla sala attaccato a una presa di corrente.

Ad ogni modo sento diversi parlare della BNCF e dell’importanza di darsi da fare lo stesso, nonostante i problemi economici.

Ore 12.00

Enrico Francese affronta il tema della comunicazione. L’assenza dell’ICCU dai canali di comunicazione online.

Non c’è una questione di soldi, risorse….ma di semplice mindset.

Ore 12.07

Tocca a Vanni Bertini. Parla dell’importanza di una apertura internazionale del catalogo e di come SBN potrebbe contribuire grazie alle sue numerose localizzazioni.

L’importanza è che dalla catalogazione del documento si passi a darlo all’utente. A questo proposito, cita la questione della catalogazione e accesso alle risorse elettroniche in SBN.

Ore 12.10

Caffo risponde a un po’ di osservazioni.

Uffa, che pizza

Ore 12.20

Martinelli parla di WIKIDATA!! HELL YEAH!!

E di apertura dei dataset. Solo il 3% dei collegamenti possibili è stato creato in wikipedia, perchè mancano i dataset aperti.

Apertura anche dei dataset di Anagrafe delle Biblioteche Italiane.

Ore 12.25

Ivan Rachieli di Tropico del Libro

  • Perchè, con quali obiettivi strategici, non si è scelto fin da subito un formato standard (es. MARC) per lo scambio dei dati in SBN?
  • Tempi necessari all’apertura del dataset? Forse lasciare implicita la licenza CC forse non è il massimo, si potrebbe esplicitare la licenza.
  • Mettere a disposizione degli utenti i dati (suggerisce di guardare l’esperienza in Inghilterrra)

Ore 12.30

Maurizio Messina

Un nuovo sbn non ci sarà senza riorganizzazione dei servizi bibliotecari nazionali, inteso come ruolo dell’ICCU, delle biblioteche nazionali centrali, ecc.

Importanza della conservazione digitale.

Ore 12.35

Iossa parla del servizio NILDE, legato ad ACNP e suggerisce un loro coinvolgimento in questi discorsi.

Ore 12.40

Di Martino vuole sottolineare il punto di vista dei Poli.

Ore 12.45

Minsenti interviene subito parlando della mailing list Bibliotecari e wikipedia. Ma il problema non interessa solo wikipedia ma il settore dei record di autorità. Record forniti dall’ICCU al VIAF.

Anche se IFLA ci permette di fare come vogliamo in questo settore, è opportuno continuare a non prendere in considerazione come operano all’estero?

45.000 record forniti da ICCU sono solo quelli con codice AUF. Ma sono pochi rispetto a quanti forniti dagli altri paesi. Anzi, le altre nazioni hanno fornito anche record di autori italiani che l’Italia non ha fornito.

E sottolinea il problema dei doppioni, generati dai record italiani.

Perchè si memorizza la data di nascita-morte nel campo note?

Che la commissione REICAT si attivi per rinnovare le regole di catalogazione.

Ore 12.52

Guerrini parla dell’importanza di VIAF e sottolinea le differenze di risorse tra Italia e estero.

Ore 12.55

Caffo esordisce parlando di Linked Open Data disponibili per ABI e Cultura Italia.

Ore 13.03

Valentina Gemma, di Rieti, parla delle scuole in SBN

Ore 13.10

Sono intervenuto io, ma pensa 🙂

Ho chiesto una maggiore apertura verso i produttori di software, più in generale una maggiore apertura dei processi decisionali, con pubblicazione di draft, working paper, ecc.

Ore 13.15

Interviene Parise, presidente AIB.

Istituzionale.

Dice che ieri l’AIB ha incontrato il ministro Bray con una serie di proposte di rinnovamento (tra cui SBN). Dice che questo documento sarà disponibile online e aperto ai contributi.

Ore 13.30

Ciao tutti, io vado a bere con Enrico Francese et altri


Alcune osservazioni sull’organizzazione dell’evento e il live-blog

Le buone idee, da replicare:

  • la presenza della rete wireless aperta
  • proiettare i tweet in sala, questo ha incentivato la partecipazione e stimolato le discussioni

Secondo me non ha funzionato:

  • interventi da 5 minuti. Troppo poco per esprimere osservazioni stimolanti e approfondite. Nonostante l’elasticità dei tempi, tutti hanno preparato discorsi molto concisi. Al di là di alcune difficoltà tecniche che mi hanno impedito di seguire dettagliatamente tutti gli interventi (es. cercare una presa della corrente, fare foto, twittare), ho trovato molto difficile riassumere qualcosa di già molto stringato.
  • troppi interventi iniziali da 20 minuti. Se dovevano servire per fornire un contesto alla discussione, hanno finito per sovrapporsi in alcuni casi. Secondo me, su 5 interventi, ci si poteva limitare a 2: ricordo di Boisset e evoluzione storica del progetto – situazione attuale di SBN.
  • l’aria condizionata 😛

Se vuoi fare live-blog e usi un pc, ricorda:

  • di portare una ciabatta/multipla e, per precauzione, un adattatore
  • una prolunga, nella malaugurata ipotesi che tutte le spine in sala non funzionino 😦

 

Rilanciare SBN: un’occasione da non perdere

18 Giu

Siamo bibliotecari e information workers, lavoratori dell’informazione.

Riteniamo che la conferenza che si svolgerà a Roma il 20 giugno 2013, “Rilanciamo il Servizio bibliotecario nazionale”  sia una buona occasione per ragionare e discutere.

Ringraziamo l’AIB tutta, e la Sezione Lazio dell’Associazione italiana biblioteche che si sono adoperate perché questa conferenza possa avere luogo, e per aver convocato relatori di indiscussa autorevolezza.

Riteniamo che l’eventuale presenza delle più alte cariche istituzionali sia una opportunità ed un segnale importante da parte della politica.

Chiediamo anche, ed è per questo che ospitiamo questa pagina redatta collegialmente nei nostri blog, che questa occasione non vada perduta, e proviamo quindi a stilare una lista delle occasioni da non perdere.

Non dissipare il consenso e l’attenzione verso SBN

La  notizia della riduzione dei finanziamenti all’ICCU per la gestione dei servizi SBN ha prodotto in rete, un luogo che abitualmente abitiamo per necessità professionale, una reazione vasta e inattesa, che ha superato le mura dell’ICCU e le stanze dei bibliotecari catalogatori.

Ci sembra una cosa straordinaria, e chiediamo che l’ICCU non dissipi questo patrimonio di consenso e di attenzione che in molti gli hanno tributato.

Chiedere alla Politica di fare politica

I finanziamenti per salvare l’esistente sono fondamentali, ma chiediamo alla Politica di fare la politica, adottando, ben consigliata, una vision strategica su SBN e investendo in innovazione. Cioè in cervelli, in progettualità e persone in grado di realizzare in modo definitivo una politica di apertura – ed esposizione in dataset scaricabili liberamente e in formati standard – dei dati bibliografici al fine di consentirne il riuso in altre piattaforme che non può più essere rinviata o dichiarata solo come petizione di principio  senza un riscontro operativo.

Apertura dei dati bibliografici. Dare risposte concrete, non di circostanza

Il Decreto Legge 18 ottobre 2012, convertito in legge il 17 dicembre modifica il codice dell’amministrazione digitale. Le modifiche apportate hanno introdotto una novità: l’assunzione, con decorrenza dal 18 marzo 2013, del principio “open by default” per dati e informazioni prodotte dalle PA con fondi pubblici. In mancanza di una licenza che dispone diversamente, i dati dovranno essere disponibili al cittadino, in modo trasparente e aperto.

Posto che l’open by default è stabilito dalla legge ed è già operativo, vorremmo conoscere i progetti dell’ICCU a proposito dei dati bibliografici (e non solo) prodotti da SBN/ICCU.

Le indicazioni alla pagina: http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/MenuPrincipale/Trasparenza/Open-Data/index.html sono sicuramente un punto di partenza, ma ci pare si possa fare di più.

Ricordiamo che l’apertura e l’esposizione dei dati, bibliografici in dataset liberamente scaricabili e non solo, dà visibilità al lavoro delle biblioteche, produce valore aggiunto consentendone il riuso in altri contesti e costituisce una enorme ricchezza ed una potenzialità di sviluppo economico.

Già un esempio di buona pratica c’è stato con il Thesaurus della Biblioteca nazionale centrale disponibile in SKOS/RDF e che viene ora usato anche dalla versione italiana di Wikipedia : http://it.wikipedia.org/wiki/Speciale:PuntanoQui/Template:Thesaurus_BNCF a oggi il Thesaurus integra nella sua struttura 11.757 collegamenti alla Wikipedia e la versione SKOS/RDF del Thesaurus registra 11.185 collegamenti a DBpedia

Open data, Linked data: fare come in Gran Bretagna, Francia, Svizzera, Spagna, Germania

Ci piacerebbe che le pagine web dell’ICCU dedicate a SBN ospitassero pagine con indicazioni sui dataset scaricabili e i linked data come quelle già visibili sui siti web delle grandi biblioteche nazionali:

Cosa c’è in programma?

Quali passi si stanno muovendo?

Entrare nel merito, rispondere, ascoltare

Nei cinque minuti a disposizioni molti interverranno nel merito rispetto a questi temi, e su altri temi, più tecnici, ma non meno pregnanti, che riguardano la reale e operativa interoperabilità dei dati bibliografici che produciamo, e la loro reale compatibilità e aderenza a progetti internazionali come il VIAF: Virtual International Authority File

Questo testo è stato redatto grazie alle discussioni avvenute all’interno della lista di discussione per bibliotecari e wikipediani. Ci piacerebbe vedere condivise queste righe anche nelle pagine di altri blog. Invitiamo chi ci sarà a provare un live tweet dell’evento, utilizzando l’hashtag #nuovosbn

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Il diario segreto di DiscoveryNG

26 Mag

Sono sempre più convinto che se uno fa un lavoro con passione e realizza qualcosa di qualità, non vede l’ora di condividerla, di farla vedere al mondo. Ne parla volentieri anche mentre si beve una birra con gli amici. Viceversa, si tende ad avere paura di condividere le cose venute un po’ male, pensando sempre “prima voglio aggiustarla meglio” oppure “mi vergogno a condividerlo così”.

A chi rientra nella seconda categoria consiglio di leggere come mai si pensa sempre che il proprio prodotto faccia schifo.

A tutti gli altri voglio dedicare un viaggio nei segreti di DiscoveryNG. Alla scoperta di alcune delle cose simpatiche che, per ora, conosciamo solo io e Nicolò.

Il nome

Gli sviluppatori spendono un sacco di tempo a dare nomi alle cose. Danno nomi alle variabili, alle funzioni, ai metodi. Danno i nomi ai server, ai computer. Decidono come si chiamerà il software, un certo componente del software o una certa versione del software.

Quando sono arrivato a Comperio, DiscoveryNG si chiamava già così. Era un vero e proprio “pezzo” di ClavisNG (p.s. le NG stanno per Next Generation). L’ultima versione di Discovery (la 0.9) era stata battezzata Rigoni Stern. Ciro un giorno mi ha spiegato che l’idea era dare un nome di scrittore italiano alle versioni dispari, e un nome di scrittore straniero alle versioni pari.

Dovendo riscrivere completamente il software, creando un modulo esterno per Silverstripe, è stato scelto di chiamarlo Liquens, che pare fosse uno dei nomi originari che doveva avere DiscoveryNG. Quindi Liquens è diventato il componente che, se aggiunto a Silverstripe, fa un DiscoveryNG.

Francamente non ricordo come mai dalla versione 0.9 abbiamo deciso di saltare alla 3, tutto d’un tratto. Forse perchè era un bel numero. Ad ogni modo, con la scusa del continuos deployment e del fatto che non rilasciamo online il codice, il numero di versione è rimasto fisso a 3.0 alpha ‘ice-breaker’.

Schermata 2013-05-27 alle 00.01.39

Ice breaker perchè avevo deciso che Discovery dovesse avere un senso, almeno per me, così mi sono fatto un giro sulla pagina disambigua di wikipedia e ho scelto, assieme ad Isacco, che Discovery sta per RRS Discovery, una nave per le spedizioni nelle regioni antartiche. In teoria le versioni successive avrebbero dovuto chiamarsi con il nome di vari esploratori e ricercatori saliti a bordo delle varie spedizioni (es. Shackleton). Così come già immaginavo un sacco di elementi grafici legati al mondo delle spedizioni dei primi del Novecento.

Invece no.

Domani aggiorniamo tutti i DNG all’ultima versione, a cui stiamo lavorando da alcuni mesi. Proprio bella. Anzi, una vera e propria bomba. Così la versione passa da 3 a 4. All’improvviso. Ci sono momenti importanti nella crescita: il primo bacio, la prima sbronza, la patente e cose simili. Così cercavamo un nome adeguato, e abbiamo deciso di usare “BOOM“. La mia speranza è di riuscire a usare onomatopee di fumetti anche per le prossime versioni. Questo soprattutto perchè fa un sacco di effetto per iniziare i post dove annunci le novità.

La nave Discovery comunque continuerà a farci compagnia, restando il logo di default del tema predefinito.

Schermata 2013-05-27 alle 00.03.21

I nostri libri

Volete sapere come sono fatte la mia libreria e quella di Nicolò? Beh, allora fatevi un giro sui portali con installato DiscoveryNG e trovate una biblioteca che non si sia personalizzata la pagina di presentazione. Date un’occhiata al rettangolo sopra al menu di navigazione e avrete un’idea di cosa abbiamo letto negli ultimi anni.

Schermata 2013-05-27 alle 00.21.10

Volendo abbellire le pagine delle biblioteche, avevamo bisogno di almeno un elemento grafico da mettere sopra al menu. Allora ci siamo fatti delle foto alle librerie, da mostrare nel caso le biblioteche non avessero tempo di mettersi un’immagine. Sapere che accanto agli orari di apertura, alcune biblioteche mostrano senza saperlo alcune delle mie graphic novel preferite mi fa sempre gongolare.

Schermata 2013-05-27 alle 00.21.42

I divertimenti

C’è stato un momento molto buio nella vita di DNG, in cui malvagi extraterrestri hanno messo a rischio le sorti del pianeta, costringendoci ad oscurare una delle poche forme di resistenza rimaste.

Ai paladini della giustizia volevo svelare come non perdere la speranza. Ogni volta che il vostro DNG entrerà in manutenzione (ad esempio domani mattina), vi basterà inserire la password INVADERS nell’attesa, per decollare con il vostro caccia interstellare e aiutarci a sconfiggere il nemico.

Al momento è questo il punteggio da battere.

Riunione di famiglia

25 Mag

Lunedì 13 maggio si è svolto a Brescia il primo incontro degli utenti ClavisNG e, devo ammetterlo, per me è stato un mix di emozioni contrastanti.

Ho sognato questo incontro per almeno due anni, da quando ho iniziato a conoscere i clienti Comperio e fare formazione all’uso del gestionale ClavisNG. Tante volte mi è capitato di pensare “ah, questi dovrebbero proprio conoscere questi altri” oppure “ah, come sarebbe bello se si incontrassero per discutere assieme questa cosa“. Purtroppo la mia azienda è piccolina e non ha capacità organizzativo/comunicative tali da realizzare un incontro del genere. Così ci hanno pensato direttamente gli utenti, contattandosi tra loro e trovando il tempo di vedersi tutti assieme.

sono un pessimo fotografo #1

sono un pessimo fotografo #1

Chi c’era: Biblioinrete (Provincia di Vicenza), Biblioteca Ambrosiana, Biblioteche della Montagna Pordenonese, Consorzio bibliotecario Castelli Romani, CSBNO, Sistema bibliotecario Provincia di Verona, Sistema bibliotecario provincia di Gorizia, Sistema bibliotecario urbano di Torino, Sistema bibliotecario Valdostano, Rete documentaria Provincia di Pistoia, Sistemi bibliotecari delle Provincie di Brescia e Cremona, Comperio.

Assenti giustificati: Rete documentaria della Provincia di Pisa, Provincia di Padova, Chioggia, UniVIU, IMT Lucca, Provincia di Sondrio, Museo diocesano di Milano, Rete Cedro, Biblioteche dell’Amministrazione Provinciale di Milano.

sono un pessimo fotografo #2

sono un pessimo fotografo #2

Cosa si è detto: principalmente ci si è presentati, raccontando il proprio rapporto con il software ClavisNG e Comperio. Quindi è stata decisa la creazione di una mailing list, con la formazione di alcuni “gruppi di interesse” attorno ad una serie di temi importanti.

Il nodo centrale per gli utenti di ClavisNG è capire come viene portato avanti lo sviluppo del software, per cercare di contribuire e orientare, ove possibile, le scelte di Comperio.

I miei sentimenti contrastanti derivano dal fatto che ormai mi occupo solo di DiscoveryNG, avendo abbandonato da diversi mesi la mia attività su ClavisNG. Quindi posso solo augurarmi che chi organizza lo sviluppo del software nella mia azienda riesca a valorizzare questo nuovo gruppo di riferimento, riuscendo a dialogarci in maniera adeguata e a realizzarne le richieste.

Vendorleaks

1 Mag

L’altro giorno stavo seguendo l’incontro del NISO Bibliographic Roadmap Development Project (trovate i materiali su questo sito), finchè sono stato colpito alla testa da un paio di simpatici tweet.

https://twitter.com/brinxmat/status/323837250414714881

🙂 Mi ha fatto molto ridere e volevo condividerlo, ma in realtà non c’entra con il discorso che volevo fare.

https://twitter.com/yo_bj/status/323817028324581376

Il contesto è l’abbandono del formato MARC e il tweet dice chiaramente: i rivenditori non faranno passi in avanti finchè non lo faranno le biblioteche e le biblioteche non faranno passi in avanti finchè non lo faranno i rivenditori.

Per lavoro mi sono spesso trovato a riflettere sul rapporto tra il rivenditore di software e le biblioteche: su come si sviluppino assieme i progetti, su come si riescano a realizzare servizi o prodotti (cosiddetti) innovativi. All’inizio del mio percorso sentivo la mancanza di interlocutori, ovvero di persone in grado di spiegarmi le ultime evoluzioni degli standard, persone in grado di immaginare nuovi servizi e aiutarmi a costruirli. Ma alla fine ho capito che ogni cliente ha le sue complessità e le sue priorità inderogabili. Spesso queste dominano il rapporto con il rivenditore, generando una empasse nello sviluppo.

Vorrei quindi elencare alcune banalità legate al rapporto tra rivenditore e cliente.

1. il rivenditore fa quello per cui viene pagato.

Se domani una biblioteca venisse alla mia porta, disposta a finanziare un progetto che permetta ai libri sugli scaffali di brillare al buio ed emettere una simpatica musichina ad ogni prestito, probabilmente prima di declinare darei una sbirciata al compenso. Non che mi interessi di musichine, però potrei anche accettare e mettermi a lavorare, visto che mi pagano. Un’azienda che intenda sopravvivere nel mercato deve essere disposta a questo genere di compromessi per essere in grado di pagare gli stipendi.

In un simile contesto non è facile trovare il tempo per lo studio, o l’azienda è abbastanza grossa da permettersi un settore ricerca&sviluppo, oppure è abbastanza piccola da fare bene una sola cosa.

Suggerimento: diffidate dalle aziende senza una mission ben definita. Se l’azienda a cui vi rivolgete non si identifica chiaramente con l’obiettivo di realizzare la migliore musichina-da-prestito del mondo, provate a cercare ancora. Se non esistono aziende che fanno musichine-da-prestito, sceglietene almeno una che abbia del gusto musicale.

2. un’azienda del settore IT non è in grado di realizzare qualsiasi progetto informatico

In parole povere, l’informatica non è magia e gli informatici non sono alchimisti (anche se alcuni si ritengono tali). È un mondo dove sono necessarie molte diverse competenze per poter realizzare qualcosa. Fate fare il vostro sito ad un team di ingegneri e non aspettatevi una grafica moderna e accattivante.

Suggerimento: imparate a riconoscere gli ambiti di competenza delle aziende IT, guardate altri lavori fatti dall’azienda o contattate altri clienti.

3. il rivenditore usa sempre un linguaggio alla moda

Parole come standard, ebook, app, open, 2.0, integrazione, social hanno l’affascinante capacità di non significare assolutamente nulla di per sè. E aggiungo che non sono assolutamente sinonimo di innovazione, trattandosi di cose in circolazione da parecchi anni. Il dramma è che si tratta di un circolo vizioso, visto che spesso sono le stesse biblioteche a fare affermazioni prive di significato (un esempio è “desidero l’integrazione con Facebook, Twitter, Google+”) lasciando al rivenditore il compito di imbastire un prodotto sopra alla “visione”.

Suggerimento: chiedete all’azienda cosa sta facendo di veramante innovativo per il mondo delle biblioteche, non per voi. Spesso non serve parlare informatichese per capirsi. Sforzatevi di stabilire un linguaggio comune.

4. più clienti fanno la stessa richiesta, più è probabile che verrà presa in considerazione prima delle altre

Se un software viene usato contemporaneamente da centinaia di persone, l’azienda si troverà a dover gestire centinaia di richieste. Uno dei criteri usati per determinarne le priorità è la quantità di clienti che fanno la stessa richiesta. Per un semplicissimo ragionamento di customer satisfaction.

Suggerimento: Imparate a fare pressioni in modo coordinato. Il 13 maggio finalmente si incontrano gli utenti di ClavisNG, che quindi possono saltare questo punto.

Giulio e Isacco @ Comperio

Isacco e Giulio riflettono sul futuro del MARC @ Comperio Srl

Conclusioni

Sono consapevole dei problemi legati alla scelta di un rivenditore da parte della P.A. (burocratizzazione, questioni politiche, ecc.), così come sono consapevole che ogni rivenditore sceglie di adottare il suo personale modello di business.

Questo significa che le precedenti banalità non valgono per tutti. Volevo parlarne solo perchè le banalità sono tra le cose più dure con cui mi scontro. Ed essendo banalità, si fa spesso finta che non esistano.

Le vere innovazioni non piovono dal cielo, non sono il colpo di genio notturno dello sviluppatore talentuoso. Sono frutto di ricerca e condivisione dei risultati (per questo c’ho l’ansia del “parliamone). Queste cose richiedono tempo, studio e partecipazione attiva alla progettazione. L’appuntamento NISO ci insegna che si sta progettando adesso quello che le biblioteche useranno forse tra 15 anni.

In tema di biblioteche e software per l’automazione, dovreste saperne tanto quanto (se non più) del rivenditore. Ma non riguardo a quello che c’è in circolazione oggi, intendo dire che dovreste sapere meglio del rivenditore come immaginate le biblioteche di domani.

Il sito della biblioteca fa schifo

23 Apr

C’è un post che mi assilla da ormai un anno, che però non penso riuscirò mai a scrivere, sono troppo pigro e distratto. Credo mi abbia portato a una profonda disaffezione verso il mio lavoro e le biblioteche 😦

Allora facciamo che invece di raccontarvi come è iniziata, vi racconto l’ultimo episodio. Partendo da una domanda: ma voi, bibliotecari, sapete quanti visitatori ha il vostro sito?

Secondo me pochissimi, anche considerando solamente quelli potenziali.

Quando si diceva che gli OPAC fanno schifo, forse non si è parlato abbastanza dei siti delle biblioteche 😛 Anche se trovo molto importante che le biblioteche si siano sempre fatte promotrici di usabilità e accessibilità, spesso mi ritrovo di fronte ad una totale mancanza di sensibilità nei confronti di chi naviga e atterra sul sito della biblioteca.

Nel mio piccolo ho sempre pensato che la disattenzione nei confronti della propria presenza sul web derivasse dal ritrovare il proprio spazio affogato all’interno di un sito più grosso, magari un monolite della P.A. fatto di pagine immodificabili …chissà… sta di fatto che alla P.A., di quanti visitatori hanno i suoi siti, non gliene può fregare di meno. Dopotutto la qualità dei servizi non si misura da quanti visitatori abbiamo sul web, giusto?

Il punto non è che dovete diventare esperti di SEO, nè tantomeno dovete costruire voi i siti (anzi, evitate se non siete convinti di quello che fate). Però, dannazione, se decidete di avere uno spazio sul web dovreste essere in grado di: organizzarlo in maniera intelligente, interloquire con chi lo costruisce, pretendere che non vengano usati font come il Comic Sans, assicurarvi che i colori siano dignitosi, garantire il giusto equilibrio negli spazi, capire se sarete trovabili. Insomma preoccuparvi che gli utenti si sentano in uno spazio accogliente e non in una catapecchia abbandonata messa in piedi dopo un appalto farlocco.

Questo perchè purtroppo qualsiasi sito (o app) realizzato per le P.A. esce dalle comuni logiche che determinano il successo di un progetto web. Per i siti che non propongono servizi a pagamento, il successo deriva dal traffico che sono in grado di generare (o dal grado di retention). Da quanto ho capito, nel caso dei siti della P.A. l’importante è che il progetto corrisponda al prototipo definito. Tanto poi gli utenti sul sito devono andarci per forza se vogliono le informazioni, non è rilevante se il sito è fatto bene, basta che sia fatto.

Ecco, siccome magari non ve lo dicono abbastanza, volevo solo ricordarvi che il vostro sito fa schifo.

Un paio di note, dopo averci dormito sopra, che altrimenti mi sembra un discorso troppo sterile

A) Perché dovrebbe interessarvi di avere un sito fatto bene?

Mi vengono in mente almeno due motivi:

1) un bel sito, strutturato in maniera adeguata, è probabilmente la prima immagine di voi che date al mondo esterno. Fate una cosa bella e chi lo visita penserà che anche la biblioteca è curata allo stesso modo. Il sito fa parte della vostra identità tanto quanto la faccia del bibliotecario.

2) un sito fatto bene viene indicizzato meglio. Partendo dal presupposto che i servizi della biblioteca non sono adeguatamente conosciuti, essere trovati via web è una pubblicità permanente a costo zero. La quantità di persone che parteciperanno al vostro prossimo evento non sarà più determinata solo dalla quantità di manifesti e volantini sparsi per il comune, ma anche da quanto e come l’informazione risulterà visibile online.

B) Come intervenire per migliorare la situazione?

1) cercate di avere accesso a strumenti come Google Analytics o Google Webmaster Tools. Insomma a strumenti che vi permettano di avere dei dati quantitativi su come viene raggiunto il vostro sito, da dove, con che parole chiave, quanto tempo vi si fermano i visitatori e dove. Questo vi fornirà i dati necessari a capire se è il caso di cambiare qualcosa e come.

2) chiedete il parere ai vostri utenti, aggiungendo la presenza sul web tra i criteri che usate per misurare la qualità del vostro servizio. Non credo qualcuno vi dirà, come me, che il vostro sito fa schifo. Però potrebbero saltare fuori suggerimenti utili come: “è scritto troppo in piccolo”, “non riesco bene a trovare le cose”, ecc. ecc.